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La nascita del Liberty

  • Immagine del redattore: Tacus Associazione
    Tacus Associazione
  • 8 lug
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 9 lug

Dall’8 al 14 luglio 2025 torna l’Art Nouveau Week, la manifestazione europea che, divenuta ormai una tradizione attesa, rinnova l’incanto di quella modernità floreale capace, tra Otto e Novecento, di ridisegnare il volto delle città.


Accogliendo l’invito a riscoprire lo splendore dello stile Liberty, ne ripercorriamo insieme la storia, tra arditezza creativa e poetica della forma.


Un nuovo fiore nella modernità

Nel cuore dell’Europa, a cavallo tra Otto e Novecento, durante la stagione incantata della Belle Époque e della «grande trasformazione» — quella lunga fase compresa tra il 1870 e il 1914 che portò mutamenti profondi nella politica, nell’economia, nella società e nell’arte — sbocciò un linguaggio artistico ardito e raffinato: l’Art Nouveau, nata come reazione all’eclettismo e al formalismo accademico che avevano dominato la scena del XIX secolo, figlia della modernità e della tensione verso la Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale, in cui architettura, decorazione, arti figurative, arti applicate, artigianato e industria si fondevano in una nuova armonia.


La sua prima esplosione si ebbe a Bruxelles con la rivoluzionaria Maison Tassel di Victor Horta (1892-93), quasi contemporanea alle celebri pensiline della metropolitana parigina di Hector Guimard.


Il nuovo movimento — che a seconda delle latitudini si chiamava Liberty, Jugendstil, Secessione, Modernismo Catalano, Floreale — investì ogni ambito: architettura, arti figurative, artigianato, lavorazione del ferro e del vetro, decorazione ceramica. Diversi nomi per un’unica idea: liberare l’arte dai canoni accademici e dalle sterili ripetizioni del passato, trovando nella natura, con il suo ritmo organico e vitale, la linfa per un linguaggio nuovo, sinuoso, dinamico, quasi danzante.


Il Liberty in Italia e la sua eco in Sicilia

In Italia, il Liberty si affermò grazie alla forza propulsiva delle esposizioni universali e delle arti decorative. Torino ne fu la capitale, soprattutto dopo la storica Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna del 1902, ma presto il nuovo stile si irradiò verso Sud, sostenuto da una borghesia imprenditoriale desiderosa di affermare il proprio status attraverso le mode più moderne.


A Palermo, città cosmopolita e intraprendente, il Liberty trovò un terreno fertile, nutrendosi di estro ed eleganza, di una borghesia agrumaria in ascesa, di un’aristocrazia mecenate, di artigiani d’eccellenza e architetti visionari. Non fu semplice imitazione delle tendenze europee, ma un atto creativo originale, capace di intrecciare modernità e tradizione, sensibilità isolana e luce mediterranea.


La stagione si aprì simbolicamente l’8 febbraio 1897, con la «secessione» del gruppo di artisti e architetti guidati da Ernesto Basile dal tradizionalista Circolo Artistico di Palermo. La mostra “indipendente” organizzata quello stesso anno all’Hôtel de la Paix, in coincidenza con l’inaugurazione del Teatro Massimo, segnò l’atto fondativo di un movimento cosmopolita ma profondamente radicato nella tradizione mediterranea. Non mero esercizio di stile, ma autentica riforma del gusto e delle tecniche, in nome dell’unità delle arti e del pareggiamento tra architettura, decorazione, artigianato e arti applicate.


Ernesto Basile e il cenacolo palermitano

In questo scenario, la figura di Ernesto Basile si impone come guida e demiurgo, raccogliendo attorno a sé un cenacolo di pittori, scultori, decoratori, architetti e artigiani che contribuirono a plasmare la «via siciliana» dell’Art Nouveau. Tra loro Ettore De Maria Bergler, Salvatore Gregorietti, Vittorio Ducrot, ciascuno capace di tradurre in pittura, scultura, decorazione, mobilio, architettura e scenografia il respiro poetico del Liberty.


Il Teatro Massimo divenne il grande laboratorio di questa sensibilità nuova, insieme alle molte architetture di quel periodo, riconoscibili per le curve morbide, i motivi vegetali stilizzati, i pavimenti e i soffitti avvolti in arabeschi di luce e materia. Edifici che sembrano giardini di pietra, scenografie urbane in cui marmo, ferro e pittura si fondono con lirica fluidità.


Tra i capolavori di questa stagione spiccano il Villino Florio all’Olivuzza, manifesto della modernità floreale, i raffinati Chioschi Ribaudo e Vicari, il sontuoso Grand Hotel Villa Igiea, l’Antico Stabilimento Balneare di Mondello, i palazzi Ammirata, Dato, Utveggio, Mazzarella e Failla Zito, i villini Favaloro, Deliella, Basile, Gregorietti, Baucina Pottino, Lentini, il mondano Kursaal Biondo, l'elegante Stand Florio e Casa Florio all’Arenella (Quattro Pizzi).


Una stagione cosmopolita e la sua eredità

Il Liberty siciliano fu insieme fenomeno architettonico e di costume, simbolo di un’aristocrazia e di una borghesia cosmopolite che, attraverso mecenatismo, mondanità e iniziative produttive, proiettarono Palermo in una dimensione europea.


I Florio, in particolare, impersonarono la quintessenza di questa stagione: Donna Franca Florio, icona della Belle Époque, ne fu musa e simbolo. Tuttavia, il Liberty siciliano fu anche fenomeno sociale, intreccio di storie di maestranze specializzate, officine e mobilifici — primo fra tutti quello di Vittorio Ducrot — protagonisti di una modernizzazione mancata e di una rinascita abortita, che la Grande Guerra e il successivo declino economico soffocarono drammaticamente.


Questa straordinaria esperienza, pur conoscendo già dal secondo decennio del Novecento un lento declino di fronte alle avanguardie e a un certo isolamento stilistico, prolungò la propria influenza fino agli anni Trenta, lasciando una costellazione di epigoni e opere minori che segnarono il paesaggio urbano e culturale dell’isola.


Un itinerario poetico nella Palermo Liberty

A testimonianza concreta di ciò che fu la stagione Liberty palermitana si può percorrere un itinerario emblematico, capace di svelare la varietà linguistica e la coerenza poetica di questo stile.


Il percorso ideale inizia dal Teatro Politeama Garibaldi, simbolo di modernità e fulcro del nuovo quartiere borghese, per poi sostare dinanzi al raffinato Chiosco Ribaudo, lieve e scenografico padiglione in ferro e vetro, icona di eleganza floreale. Poco distante, l’ex Kursaal Biondo evoca l’anima mondana della Palermo fin de siècle, fondendo funzionalità moderna e grazia decorativa. Seguono le residenze private: il Villino Favaloro, attribuito a Basile, con i suoi motivi ornamentali preziosi e integrati alla struttura; il più discreto ma raffinato Villino Caruso, espressione di una borghesia colta e consapevole; la sontuosa Villa Malfitano, custode di decorazioni interne dallo spirito cosmopolita e isolano insieme.

Culmine del percorso è il Villino Florio all’Olivuzza, capolavoro indiscusso di Basile, sintesi mirabile di linee sinuose, richiami medievaleggianti e modernità floreale: manifesto estetico e ideologico della Palermo dei Florio.


L'itinerario, percorribile a piedi o in bicicletta per assaporarne ogni dettaglio, non è solo un’esperienza culturale e turistica, ma un invito a rileggere la città attraverso la lente della Belle Époque, riscoprendo una memoria di bellezza e modernità che ancora oggi fiorisce silenziosa tra le pieghe del tempo.


Un’eredità che brilla come un fiore di luce

Ancora oggi, il fascino immortale di quella stagione d’oro rimane impresso nel volto della città, testimone di un linguaggio nuovo che seppe intrecciare l’arditezza delle forme con la memoria millenaria della pietra, la grazia fragile del floreale con la solennità della storia. Palermo custodisce così un patrimonio che continua a brillare come un fiore di luce, sbocciato per non appassire mai, delicato e tenace insieme, nella trama del suo paesaggio urbano e nella sua anima.


Veduta di dettagli e architetture Liberty a Palermo: terrazza con torretta decorata del Villino Favaloro, facciata monumentale del Teatro Massimo, interni eleganti di Villa Malfitano, soffitto ligneo a motivi floreali e tappezzeria decorativa con motivi vegetali del Villino Florio all’Olivuzza, affresco floreale di Villa Igiea, facciata di Palazzo Dato, prospetto sul mare della Palazzina dei Quattro Pizzi all’Arenella, dettagli decorativi e balcone del Villino Ida Basile.

Se vuoi scoprire di più sulla quintessenza di questa stagione irripetibile, ti aspettiamo per un itinerario storico-letterario che ti condurrà, tra mito e realtà, sulle tracce di Donna Franca Florio, musa dei salotti d’Europa e splendida “sovrana senza corona” della Palermo Liberty.


Scopri su Facebook la nostra passeggiata raccontata Franca Florio. Storia e mito della "regina senza corona" di Palermo.


  • L'articolo è a cura della redazione di TACUS Arte Integrazione Cultura.

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