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La Pupa del Capo: un mosaico tra mito e memoria

  • Immagine del redattore: Tacus Associazione
    Tacus Associazione
  • 28 set 2024
  • Tempo di lettura: 2 min

Nel cuore pulsante dello storico mercato del Capo, lungo l’antica via Cappuccinelle, per oltre un secolo ha vegliato un mosaico liberty raffigurante Demetra, dea della fertilità, avvolta in un abito fluente, cinta di spighe dorate e fiori radiosi. Nata come semplice insegna per un panificio, questa immagine si trasformò ben presto in un’icona cittadina, simbolo di abbondanza.


L’insegna che divenne leggenda

Negli anni Venti del Novecento, il panettiere Salvatore Morello desiderò per il proprio forno un’insegna che fosse più di un segno distintivo: un’opera d’arte. Probabilmente realizzata in occasione delle nozze con la cugina Vincenza Morello, l’opera fu collocata al piano terra del barocco Palazzo Serenario. I palermitani ribattezzarono la dea raffigurata con il nome di “Pupa ru Capu”.


Il mistero della mano creatrice

L’identità dell’artista rimane avvolta nel mistero. Alcuni studiosi hanno ipotizzato il nome del decoratore siciliano Salvatore Gregorietti; altri guardano alla scuola veneziana o a botteghe legate a Pietro Bevilacqua. Nessuna fonte consente, tuttavia, di stabilire una paternità certa, lasciando la Pupa sospesa tra la storia dell’arte e la leggenda urbana.


Tra Liberty e mito: un linguaggio visivo senza tempo

L’opera appartiene al raffinato filone del Liberty palermitano, intriso di suggestioni Art Nouveau e di echi klimtiani. Dorature, linee morbide e sensuali, audaci combinazioni cromatiche e ricercati elementi vitrei si intrecciano a un ricco tessuto simbolico: spighe e papaveri, foglia d’oro, gioielli e ornamenti preziosi. Una sinfonia visiva che celebra la fertilità demetriaca e, insieme, il pane quotidiano, fondendo mito e mestiere in un’armonia senza tempo. In questa rappresentazione quasi klimtiana, il volto ieratico e dolce, il fluire dell’abito e la corona di spighe e fiori si fondono in un linguaggio visivo che esalta la prosperità e la generosità della terra. Non è escluso che i tratti possano rimandare alla giovane Vincenza Morello, musa ispiratrice e sposa del proprietario.


Dall’abbandono alla rinascita

Con la chiusura del panificio Morello nel 2013, la Pupa conobbe l’abbandono: tessere cadute, colori affievoliti, la bellezza in pericolo. Una mobilitazione civica ne impedì la scomparsa.

Nel marzo 2016 i pannelli furono staccati, restaurati dalla Soprintendenza e custoditi a Palazzo Ajutamicristo. Lontana dal suo angolo originario, continuò a raccontare la propria storia in attesa di un ritorno.


Nel 2024, grazie al progetto “La Pupa si ricrea” promosso da Salvare Palermo e Fondazione Sant’Elia, l’opera ha ritrovato nuova vita: un percorso espositivo e una ricostruzione contemporanea del suo abito e dei suoi gioielli, realizzati da designer locali.


Un simbolo eterno di bellezza e memoria

La Pupa del Capo è molto più di un mosaico: è un ponte tra arte e popolo, tra mito e quotidiano. È l’eco della Belle Époque che, pur guardando all’Europa, affonda le radici nel cuore del mercato palermitano. Custodisce la memoria di un tempo in cui un panificio poteva essere un piccolo tempio domestico della bellezza e della simbologia antica, dove il pane e la fertilità si intrecciavano nella figura sacra e profana di Demetra.




Crediti

Testo a cura di TACUS Arte Integrazione Cultura - Associazione di promozione sociale.

Immagini e video di Ellera

Ricerca storica e culturale condotta su fonti bibliografiche e documentarie.

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