Nella notte tra l'1 e il 2 novembre, quando il vento d'autunno inizia a soffiare tra le strade oscure, in Sicilia accade qualcosa di straordinario. Non è una notte come le altre, ma il momento in cui il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti si dissolve, permettendo alle anime dei defunti di tornare tra noi, con un carico di abbondanza e speranza.
In Sicilia, infatti, i morti sono considerati portatori di vita nei campi prosperano e benessere nelle famiglie.
Come recita un antico detto: "Si nun vennu li morti, nun caminanu li vivi", sottolineando il legame imprescindibile tra il potere rigenerativo dei morti e la vita stessa.
INDICE
La Natura e il Mondo soprannaturale
Nel momento di passaggio dall'autunno all'inverno, in concomitanza della celebrazione della Festa dei Morti i contadini iniziano a seminare, gettando i semi (1) di una futura rinascita.
Nelle comunità contadine siciliane, infatti, la semina seguiva un calendario preciso: la prima avveniva il 1° novembre, Festa di Ognissanti, mentre l'ultima il 30 novembre, giorno dedicato a Sant'Andrea. Questo calendario agricolo, connesso dalle festività religiose, mostra il profondo intreccio tra credenze popolari, cicli naturali e religione.
Come nelle Tesmoforie (2) greche in onore di Demetra, la semina era inteso come un atto sacro, influenzato dalle forze del sottosuolo e protetto dalle anime dei defunti.
Per i contadini dell'isola, infatti, il raccolto dipendeva sia dal lavoro umano, sia dal potere sprigionato dal ventre della terra, capace di accogliere e restituire sotto una nuova forma.
Nonostante la cristianizzazione ad opera della Chiesa cattolica (3), con la sovrapposizione delle festività di Ognissanti e della Commemorazione dei Defunti, in Sicilia è ancora vivo e tangibile il legame profondo con i riti ancestrali connessi al ciclo naturale.
Il ritorno dei morti e i doni per i bambini
Una delle tradizioni più caratteristiche della Festa dei Morti è il ritorno delle anime per portare doni ai bambini. Giuseppe Pitrè, illustre etnografo siciliano, descrive come, nella notte tra l'1 e il 2 novembre, le anime dei defunti scendano dalle loro dimore ultraterrene per rubare dolci dai pasticcieri, giocattoli dai mercanti e vestiti dai sarti, destinati ai bambini che si sono comportati bene durante l'anno e che hanno pregato per loro.
I bambini, colmi di trepidazione, attendono con ansia questi doni, mentre gli adulti si divertono a spaventarli con frasi come "Li morti vennu e ti grattanu i peri!" (I morti vengono e ti solleticano i piedi). Questo gioco tra paura e gioia fa parte del rito: i bambini cercano di trattenere il riso, sapendo che ridere li distingue dai morti, ma è anche una prova di coraggio.
Al mattino del 2 novembre, i piccoli si svegliano con impazienza e corrono per la casa alla ricerca dei doni.
U Cannistru e i dolci della tradizione
Ma il vero simbolo della festa è "u cannistru", un cesto che i morti riempiono di doni per i vivi.
Al suo interno si trovano dolci tipici come i "tetù", biscotti glassati, frutta secca, caramelle, frutta martorana, "ossa di mortu", melagrane e l’immancabile "pupaccena" (4), una statuetta di zucchero colorato che simboleggia il legame indissolubile tra i vivi e i defunti.
Il ruolo dei bambini: testimoni del passato e del futuro
In Sicilia, i protagonisti della Festa dei Morti sono i bambini che, oltre a ricevere doni e grazie alla loro vicinanza simbolica al mondo del non-nato, rappresentano l'elemento di connessione tra vivi e defunti.
Dopo aver ricevuto i regali ed essere stati preparati e vestiti, accompagnavano le famiglie al cimitero, per un saluto ai cari non più in vita. Tornati in paese potevano incontrarsi con gli amici per chiedere: "A tia chi ti purtaru i morti?" (A te cosa ti hanno portato i morti?).
Un incontro di Mondi
Oggi la Festa dei Morti, nonostante i cambiamenti e la commercializzazione, mantiene immutata la sua essenza, connessa alla memoria e alla riconciliazione con le radici familiari. Essa, infatti, nel reiterare ogni anno il ricordo degli antenati attraverso il rito, genera un ponte di comunicazione tra due mondi, quello dei vivi e quello dei morti, che per una notte si incontrano con il fine di rinnovare il ciclo eterno di nascita, morte e rinascita.
E tu, quali ricordi hai legati alla Festa dei Morti? Quali tradizioni della tua famiglia ti emozionano di più? Condividi le tue esperienze nei commenti!
NOTE
(1) Racchiusa in esso c'è la vita. Esso è dunque simbolo di prosperità.
(2) La festa in onore di Demetra Thesmophoros, sacra e ampiamente diffusa nell'antica Grecia, era un rito esclusivamente riservato alle donne. Durante la celebrazione, esse si accampavano all'interno di un recinto sacro per osservare un periodo di digiuno. Uno dei momenti significativi consisteva nel recupero dalle viscere di una grotta degli Skira, resti di porcellini offerti precedentemente in dono alla dea, e mischiati a rami di pino, pigne e altri simboli della forza generatrice. Una volta compiuto il recupero, si procedeva con l'offerta rituale alla dea: semi di grano, papaveri e altre piante; tutti doni carichi di significato simbolico. Tali offerte rappresentavano la rinascita della natura, la fertilità e l'auspicio per una buona semina, rinnovando così il legame sacro con i cicli di produzione della terra.
(3) Papa Bonifacio IV, alla fine del VI secolo, introdusse la festa di Tutti i Santi il 13 maggio, in contrapposizione ai Lemuria, un'antica festività romana durante la quale si cercava di placare gli spiriti maligni. Successivamente, nel IX secolo, per iniziativa di Papa Gregorio IV, la data della celebrazione venne spostata al 1° novembre. Fu solo nel XI secolo che Papa Giovanni XIX istituì il 2 novembre come giorno dedicato esclusivamente alla commemorazione dei defunti.
(4) L'origine delle Pupaccena, o pupo a cena, risale probabilmente al XVI secolo, quando furono create in onore di Enrico III, anche se altre fonti ne attribuiscono l'introduzione agli Arabi. Il termine configura la funzione dell'alimento, prodotto in onore dei defunti e seguendo la credenza che questi sarebbero tornati per una cena simbolica con i parenti rimasti vivi. I resti della pupaccena, infatti, venivano poi offerti ai bambini.
L'articolo è a cura della redazione di TACUS Arte Integrazione Cultura.
Le immagini dei collage sono state generate mediante un programma di AI
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