Il malocchio in Sicilia
- Tacus Associazione
- 4 lug 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Una forza invisibile
In Sicilia, ancora oggi, sono in molti a credere nell’esistenza di una forza sottile e insidiosa, capace di insinuarsi nella vita quotidiana attraverso lo sguardo invidioso o eccessivamente carico di negatività: il malocchio.
Non si tratta di una semplice credenza popolare, ma di un autentico linguaggio simbolico con cui la comunità interpreta i misteri della salute, della sfortuna e delle relazioni sociali.
Si ritiene che l’occhio possa trasmettere energia negativa, come un dardo invisibile che penetra nel corpo e nell’anima, generando stanchezza, malessere, inquietudine o improvvisi contrattempi. Per difendersi, i siciliani hanno elaborato nei secoli una costellazione di gesti, parole e rituali destinati a diagnosticare e sciogliere il male: formule bisbigliate, segni della croce, contatti con le mani, con la saliva o con oggetti quotidiani caricati di potere. Non una superstizione ingenua, dunque, ma una cosmologia del vissuto: un modo per dare ordine e senso alle paure, all’invidia e alle tensioni che percorrono la vita comunitaria.
E proprio dentro questa trama simbolica e quotidiana si intrecciano numerose memorie personali, racconti che ancora oggi passano di bocca in bocca, custodendo la voce di chi ha vissuto sulla propria pelle l’esperienza del malocchiu.
“È occhiu forti, ma ora si sciogghi”: il racconto di una guarigione
«Mi ricordu ca avìa diciott’anni quannu accuminciai a stari mali: dulura e dibulizza. Me matri dicìa ca era l’occhiu, pirchì u jornu prima ’na vicina mi facìu na para di cumplimenti pì li me capiddi e nun mi livava l’occhi di supra. Camomilla, medicini, pezzi cavuri… ma i dulura nun mi passavanu. Me nonna, allura, mannò a chiamari a za’ Cuncetta, ca sapìa taliari e livari u malocchiu.
Quannu vinni a casa, mi fici assittari, pigghiò un piattu biancu, l’inchìu d’acqua e, mentri bisbigghiava paroli ca nun capìa, lassau cadiri tri gocci d’ogghiu. Mentri idda parrava, l’ogghiu s’allargava, addivintannu ’na macchia larga. Poi fici u segnu ’i cruci supra a me frunti, mi misi na manu supra a la testa, comu pi raccugghiri quarcosa di l’aria, e ci sciusciò. "È occhiu forti" mi dissi, "ma ora si sciogghi".
Nun sacciu comu fici, ma già dda sira mi sintìi megghiu. A za’ Cuncetta ni dissi di nun diri e di nun dari nenti, picchì "Chistu è donu, e nun si paga". Ancora oggi, quannu ci pensu, nun sacciu diri chi fu; sacciu sulu ca, addu mumentu, mi sarbò e mi passaru i dulura».

Il malocchio come sistema culturale
La testimonianza raccolta mostra come il malocchiu in Sicilia sia un’esperienza riconosciuta e culturalmente codificata che, oltre al piano etnografico, tocca anche dimensioni psicologiche e simboliche.
I sintomi fisici – dolore, debolezza, malessere diffuso – vengono interpretati come effetti dello sguardo invidioso, inscrivendo la sofferenza in precise dinamiche sociali. Allo stesso tempo, possono essere letti come somatizzazioni dell’ansia e della tensione, in particolare del timore dell’invidia altrui.
L’olio che si espande nell’acqua diventa segno tangibile di un male invisibile, fornendo al soggetto la conferma che il disagio ha una causa esterna, dunque gestibile.
La guaritrice, custode di un sapere rituale tramandato oralmente, agisce attraverso gesti, parole e sostanze che rendono visibile e sciolgono il male. Nel suo ruolo di mediatrice non solo allontana il male, ma restituisce alla persona un senso di protezione e di appartenenza alla comunità.
Il rito, infatti, con la sua precisione gestuale e verbale, funziona come dispositivo catartico: offre al malato un ordine narrativo che trasforma il caos dell’esperienza in una sequenza dotata di senso e orientata alla guarigione.
Infine, l’interdizione del pagamento sancisce l’ingresso in una logica diversa da quella utilitaristica: la guarigione è un dono che rafforza i legami sociali ed etici, liberando psicologicamente il soggetto dal peso della colpa e trasformando la vulnerabilità in un’esperienza di riconciliazione con sé stesso e con gli altri.
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Crediti
Testo a cura di TACUS Arte Integrazione Cultura - Associazione di promozione sociale.
Immagini elaborate con intelligenza artificiale OpenAI.
Ricerca storica e culturale condotta su fonti bibliografiche, documentarie ed etnografiche.
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