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Immagine del redattoreTacus Associazione

Il Conte di Cagliostro, tra mistero e leggenda

Aggiornamento: 3 ott

Uomo dalle mille vite, controverso, sfrontato, carismatico, capace di incarnare il mistero e l'enigma; «un miscuglio d'ingenuità e impostura, genio e ciarlataneria, misticismo e sregolatezza» – scriveva Roberto Gervaso – protagonista della sua epoca. È questo un timido ritratto di un personaggio tanto misterioso quanto affascinante come il Conte di Cagliostro che, tra stravaganze e rocambolesche avventure, ammirazione e discredito, approda nelle corti di tutta Europa divenendo, in breve, un elemento di spicco.


LE ORIGINI


Secondo le poche notizie certe sulla sua esistenza, che senza dubbio hanno contribuito ad ammantarne il nome di leggenda, Giuseppe Giovanni Battista Vincenzo Pietro Antonio Matteo Franco Balsamo – alias Cagliostro – nasce il 2 giugno 1743 nel vivace quartiere Albergheria di Palermo, dal mercante di stoffe Pietro Balsamo e Felicita Bracconieri.


Giuseppe, perduto il padre prematuramente, trascorre parte dell'infanzia presso l'Istituto per orfani San Rocco. È un bambino intelligente che apprende in fretta ma assai insofferente alle regole; così fugge più volte, scuotendo i nervi dei chierici e della povera madre che lo obbliga a traferirsi presso il convento dei Fatebenefratelli di Caltagirone. Qui, nel 1756, entrato come novizio per volere della madre, il giovane Giuseppe viene impegnato come garzone della spezieria del convento, apprendendo ben presto i primi rudimenti di manipolazione delle erbe e di produzione di medicamenti.


Tornato a Palermo – probabilmente perché fuggito – trascorre l'adolescenza tra piccole truffe, birbanterie e arrabattandosi tra un apprendistato ad un altro. Al fine di racimolare qualche soldo in più, inizia a falsificare titoli nobiliari, documenti, biglietti teatrali e testamenti. La falsificazione è di certo un'attività lucrosa ma l'ira dei numerosi truffati non è certo da sottovalutare; così, per scampare ad eventuali denunce e ripercussioni, Giuseppe si dà alla fuga. Dapprima ripara a Messina e successivamente giunge a Roma nel 1767, dove si innamora della figlia di un ottonaio, la diciassettenne Lorenza Feliciani.


UNA COPPIA PRODIGIOSA

I due convolano a nozze l'8 aprile 1768. Conducono una vita altalenante, fatta di espedienti e piccoli raggiri. Carismatico lui, civettuola e ammaliante lei, sono una coppia a dir poco prodigiosa. Seguendo le direttive di Giuseppe, infatti, Lorenza seduce i suoi numerosi corteggiatori, talvolta concedendosi a loro, garantendo a se stessa e al marito denaro e lasciapassare per le città europee.


Di lui la baronessa d'Oberkirch, nei suoi Mémoires, scrive: «Non era affatto bello, eppure mai fisionomia più notevole si è offerta alla mia osservazione. Aveva soprattutto uno sguardo d'una profondità quasi soprannaturale; non saprei rendere l'espressione dei suoi occhi: avevano allo stesso tempo fiamma e ghiaccio; attiravano e respingevano; facevano paura e ispiravano una curiosità invincibile».


Uno sguardo enigmatico e potente, in grado di catalizzare l'interesse di molti aristocratici e di spalancargli le porte di circoli, palazzi e corti nobiliari.


Clementino Vannetti, assai più bonariamente della baronessa, lo descrive al contrario come un uomo «di statura mezzana, [che] aveva la testa grossa [...]. Ad onta della sua grassezza, camminava, volteggiava con agilità. Aveva un bel colorito, i capelli neri, gli occhi profondi e splendenti. Quando parlava con la sua voce simpatica, levando gli occhi al cielo e gestendo con vivacità, era simile a chi è invaso dal divino afflato».


Su Lorenza, sua moglie e complice, invece, Giacomo Casanova scrive: «Sul volto aveva un solo difetto: le palpebre un po' cispose che facevano un torto alla tenerezza dei suoi begli occhi azzurri. [...] Quella giovane donna, bel lungi dal dar prova di libertinaggio, aveva il contegno della virtuosa».


Il collage presenta il ritratto del conte di Cagliostro, con una giacca verde e una parrucca bianca; l'immagine di un cortile di Palermo nel XVIII secolo; il ritratto di Lorenza Feliciani, moglie di Cagliostro; una scena che mostra Cagliostro seduto che osserva l'operato di un alchimista. La quinta opera raffigura Lorenza intenta ad osservare Cagliostro seduto davanti a una scrivania, mentre tiene in mano una boccetta. La sesta e ultima immagine mostra un gruppo riunito e inginocchiato attorno a Cagliostro, mentre svolge un rituale magico su una donna inginocchiata davanti a lui.

LONDRA E LA MASSONERIA


In quegli anni, Giuseppe – che aveva fatto uso di nomi e titoli millantati come il conte di Fenix, il marchese Pellegrini o il principe di Santa Croce – e Lorenza, nel 1776, tornano a Londra, dove entrambi cambiano identità: lui adotta il nome di conte Alessandro di Cagliostro, ufficiale al servizio del re di Prussia; lei diviene Serafina. A segnare il momento di svolta per la coppia è l'ammissione di Giuseppe alla loggia massonica La Speranza che, oltre a conferirgli nuovo prestigio, segna nuove vie da percorrere e nuove conoscenze.


LE DOTI DA ISTRIONE


Deciso a sfruttare le sue istrioniche doti, Cagliostro si fa strada in quella società più o meno segreta, dichiarandosi depositario di antiche conoscenze sapienziali. Grazie al suo grande ingegno, alla discreta conoscenza farmacologica e ad una giusta dose di spregiudicatezza, con grandi capacità oratorie e di persuasione, si cala nelle vesti di alchimista e guaritore – vendendo pillole digestive e balsamiche, tisane purgative, elisir di lunga vita ed altri preparati a base di elementi naturali – per curare i malanni dei poveri e allungare la vita dei ricchi.


Secondo quanto è riportato nel "Manuale pratico di farmacia" di V. Celli, l'elisir di lunga vita di Cagliostro era preparato con aloe, agarico bianco, mirra, genziana, rabarbaro, zafferano, zedoriana rizoma e spirito di vino: tutti ingredienti noti alla medicina tradizionale del tempo.


IL GRAN COFTO


Il mago-medico Cagliostro, inoltre, unendo elementi di astrologia, cabala ebraica, magia e spiritismo, inaugura l'attività di Gran Cofto del suo Rito Egizio, attraverso il quale si propone riportare gli ambienti massonici alle origini, allontanandoli dalle questioni umane e temporali dell'epoca.


Da Londra a San Pietroburgo, il nostro avventuriero è ormai noto come il magnetico e affascinante conte di Cagliostro, che delizia con performance di taumaturgia, trance ipnotiche ed esperienze medianiche, mentre tutti fanno a gara per averlo come ospite. La sua fama di alchimista, mago, esoterista e guaritore cattura l'ammirazione di personaggi come Schiller, Goethe e del Cardinale di Rohan che lo vuole alla corte di Versailles, dove viene investito, suo malgrado, dal noto scandalo della collana.


A ROMA


Intenzionato ad ottenere la benedizione papale per il suo Rito Egizio, si reca a Roma per chiedere udienza a papa Pio VI che, però, nutrendo un sentimento di preoccupazione e avversione verso il messaggio massonico, decide di farne un monito verso tutti coloro legati alla libera muratoria. Viene, dunque, dato ordine di sorvegliarlo e a monsignor Giuseppe Barberi l'incarico di stilare una relazione sull'operato politico ed antireligioso del Gran Cofto.


Con l'accusa di eresia, esercizio della massoneria, necromanzia, proposizioni contro Dio e pratica di attività sediziose, Cagliostro viene arrestato e processato nel dicembre 1789.


LA CONDANNA E LA MORTE

Il 7 aprile 1791 viene emessa la condanna a morte e indetta, in pubblica piazza, la distruzione dei manoscritti e degli strumenti massonici sequestrati dalla sua abitazione. Rinnegati i principi della sua dottrina, Cagliostro riceve la grazia papale ottenendo una commutazione di pena in carcere a vita, da scontare nella Fortezza di San Leo.


Sottoposto ad un durissimo regime carcerario, muore in circostanze misteriose la notte del 26 Agosto 1795 e sepolto in terra sconsacrata. Del suo corpo non si avranno più notizie, lasciando supporre la possibilità che sia riuscito nella pressoché impossibile impresa della fuga.


«La verità su di me non sarà mai scritta, perché nessuno la conosce. [...] Io sono colui che è. [...] Io sono Cagliostro». Con queste parole, il Conte di Cagliostro lascia un'eredità di mistero che continua a fascinare storici e appassionati.


Il collage presenta il ritratto del conte di Cagliostro. La seconda immagine rappresenta una scena del processo che vide coinvolto Cagliostro, in piedi davanti un gruppo di alti prelati. La terza immagine raffigura un gruppo di intellettuali seduti attorno a un tavolo. In basso, un dettaglio della feritoia della cella di San Leo e un'immagine della rocca di San Leo.

Cosa pensi del Conte di Cagliostro? È stato un truffatore o un ingegnoso pioniere del suo tempo? Condividi la tua opinione nei commenti qui sotto e, se ti abbiamo incuriosito, unisciti a noi per la prossima passeggiata tematica dal titolo Il conte di Cagliostro.

 

  • L'articolo è a cura della redazione di TACUS Arte Integrazione Cultura. Le immagini inserite nel collage sono tratte dal web. La copertina del presente articolo è stata generata mediante un programma di AI.

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