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Giovanni Orcel: un delitto politico-mafioso nel cuore di Palermo

  • Immagine del redattore: Tacus Associazione
    Tacus Associazione
  • 14 ott
  • Tempo di lettura: 3 min

La sera del 14 ottobre 1920 Giovanni Orcel, segretario della FIOM palermitana e figura di punta del movimento operaio isolano, fu aggredito con un’arma da taglio in corso Vittorio Emanuele, all’altezza dell’odierno incrocio con via Collegio del Giusino. Morì poche ore dopo, alle due del mattino del 15 ottobre. Le indagini non individuarono né mandanti né esecutori; la dinamica e il contesto hanno spesso collocato l’omicidio nello schema del delitto politico-mafioso.


Un sindacalista del Biennio rosso

Tipografo e militante socialista, Orcel assunse nel marzo 1919 la guida della FIOM di Palermo, portandola a un forte vigore organizzativo. Nel 1920 intervenne al congresso nazionale della FIOM a Genova contro straordinari e cottimo, insistendo sull’equiparazione salariale fra le aree del Paese. Tornato in Sicilia, fu regista della mobilitazione culminata nell’occupazione del Cantiere Navale di Palermo, decisa il 1° settembre e attuata il 4, dopo la serrata, con giorni di autogestione. Cardine della sua strategia era l’alleanza tra operai e contadini, condivisa con Nicolò Alongi, assassinato a Prizzi nel marzo 1920.


La posta in gioco sindacale

In quegli anni l’organizzazione dei metalmeccanici si mosse contro il carovita, per la giornata di otto ore, per aumenti salariali, per il riconoscimento del ruolo sindacale e per l’istituzione delle commissioni interne. La FIOM palermitana promosse un proprio foglio sindacale diretto da Orcel, intitolato dapprima “La dittatura operaia” e poi “La dittatura proletaria”, espressione dell’orientamento del tempo.


La notte dell’agguato

Il 14 ottobre, lasciata la sede della FIOM dopo una riunione sulle imminenti elezioni provinciali cui era candidato per il PSI, Orcel percorse una strada buia del centro storico. Un sicario lo raggiunse e lo colpì a morte, fuggendo nonostante il tentativo di reazione dell’amico e avvocato Pietro Parrino. I soccorsi si rivelarono inadeguati; Orcel spirò alle due del mattino all’ospedale San Saverio.


collage in bianco e nero composto da sei immagini storicizzanti. In alto a sinistra un oratore su una cassa arringa una folla davanti al portale “CANTIERE NAVALE”, con bandiera “FIOM Palermo”. In alto al centro un gruppo di uomini in posa con fucili e pistole (guardie operaie). In alto a destra una lunga colonna in corteo lungo una strada di paese. Al centro a destra una scena notturna su strada lastricata: un uomo in cappotto è ferito da un aggressore; lampioni e cupola sullo sfondo. In basso a sinistra una massa di contadini e operai avanza dietro uno striscione “CONTADINI E OPERAI IN SCIOPERO CONTRO LA MAFIA”. In basso al centro mezzo busto dello stesso oratore durante un comizio, con bandiere sullo sfondo

Le piste e i nodi irrisolti

L’inchiesta giudiziaria non chiarì autori e mandanti. Le fonti coeve e la storiografia hanno evidenziato un possibile nesso con la catena di violenze che, fra 1919 e 1920, colpì dirigenti delle lotte contadine e operaie: un quadro di cointeressenze tra notabilato agrario, settori dell’imprenditoria e organizzazioni mafiose, contro cui Orcel aveva assunto posizioni pubbliche. Nessun esito processuale definitivo ne ha tuttavia sancito la responsabilità.


La città reagisce

Alla notizia della morte, Palermo si fermò per uno sciopero generale spontaneo.

Il corteo funebre, partito dalla Camera del Lavoro, fu imponente: un segnale di radicamento popolare che travalicò i confini sindacali e attestò il consenso al progetto di unione tra città e campagne.


Domande aperte

L’omicidio di Orcel segna uno snodo del Biennio rosso in Sicilia: la repressione di un esperimento politico-sindacale orientato a saldare questione industriale e questione agraria, opponendosi insieme allo sfruttamento economico e alla violenza mafiosa.


In assenza di verità processuale, la saldatura politico-organizzativa tra metalmeccanici e contadini appare il bersaglio più verosimile del delitto, perché metteva in discussione rendita agraria, margini dell’industria urbana e spazi d’intermediazione criminale.

Colpire Orcel — leader riconosciuto e cerniera tra città e campagne — sembra rientrare in una strategia di frattura: privare il fronte sociale della sua voce più autorevole, diffondere paura e riallineare gli equilibri nello spazio pubblico. Resta però irrisolta la misura dell’effetto: l’assassinio fu più efficace nel dissuadere e dividere, oppure generò, per reazione, una memoria antagonista capace di rinsaldare solidarietà e pratiche collettive?

È su questo crinale che si gioca il significato ultimo della vicenda per la Palermo del primo dopoguerra e, oggi, per la nostra coscienza civica.



Crediti

Testo: TACUS Arte Integrazione Cultura - Associazione di promozione sociale

Immagini:  elaborate con intelligenza artificiale OpenAI




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