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«A morti li francisi»: genesi, mito e storiografia dei Vespri Siciliani

  • Immagine del redattore: Tacus Associazione
    Tacus Associazione
  • 28 mar 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

Una sommossa tra mito e realtà

I Vespri Siciliani rappresentano uno degli eventi più sanguinosi e simbolicamente densi della storia medievale italiana. L’insurrezione che esplose a Palermo il 30 marzo 1282 – Lunedì di Pasqua – segnò non soltanto la cacciata dei Francesi angioini dall’isola, ma anche l’avvio di una lunga guerra internazionale che avrebbe coinvolto potenze mediterranee e alterato gli equilibri geopolitici della regione. Se l’episodio è stato tramandato con accenti leggendari, quasi epici, a cavallo tra cronaca pulp e mito patriottico, il lavoro storiografico moderno si è concentrato sullo smascheramento delle narrazioni ideologiche che per secoli hanno avvolto i Vespri in un’aura di glorificazione nazionale e antimperialista.


Il contesto storico-politico: dominio angioino e tensioni latenti

Alla vigilia dei Vespri, la Sicilia era governata da Carlo I d’Angiò, incoronato re nel 1266 dopo la sconfitta e l’esecuzione di Manfredi di Svevia. Il potere angioino era visto da molti siciliani come straniero e oppressivo, e la politica fiscale, la prepotenza dei funzionari, l’imposizione di un governo centralizzato e la marginalizzazione delle autonomie locali alimentarono un crescente malcontento.


Secondo lo storico Franco Cardini, la rivolta non deve essere interpretata come una semplice reazione popolare all'oppressione, ma come una complessa interazione tra classi, culture e interessi contrapposti, in un Mediterraneo percorso da tensioni fra potenze emergenti come gli Aragonesi e gli Angioini, ma anche da scontri tra il modello imperiale svevo e quello monarchico-papale guelfo.


Il Vespro: l’evento scatenante e la diffusione

La miccia scoppia a Palermo, nei pressi della chiesa del Santo Spirito, durante una processione pasquale. Alcuni soldati francesi – secondo le cronache, ubriaconi e violenti – molestano le donne del popolo. Una versione posteriore narra che un soldato, identificato come Drouet, palpeggia una giovane nobildonna, provocando l’intervento di un uomo che lo uccide. L’episodio diventa simbolo: la folla insorge, massacra centinaia di francesi. Il grido “A morti li francisi” si diffonde e in poche settimane l’insurrezione si estende a tutta l’isola, risparmiando solo alcune città (come Sperlinga e Corleone).


Collage ispirato ai Vespri Siciliani, composto da cinque scene drammatiche. In alto a sinistra, un gruppo di figure inginocchiate e supplicanti durante il tumulto; al centro, due uomini in abiti medievali discutono con tensione; a destra, tre donne spaventate scappano dal tumulto. In basso a sinistra, una scena caotica con una donna inginocchiata tra colonne mentre un uomo fugge dopo aver colpito un soldato francese; in basso a destra, una folla con le mani alzate si ribella sotto un loggiato con uno stendardo, evocando la rivolta popolare dei Vespri.

La guerra e l’internazionalizzazione del conflitto

Lo scontro si trasforma presto in guerra aperta. Carlo d’Angiò, sostenuto dai Guelfi e dal papato, rappresentava l’asse monarchico-universalista; dall’altro lato, Pietro III d’Aragona, chiamato dai siciliani in aiuto, rivendicava il trono per via della moglie Costanza, figlia di Manfredi.


La Sicilia diviene teatro di uno scontro tra le due potenze: il conflitto durerà vent’anni, fino alla pace di Caltabellotta (1302), che sancirà la nascita del Regno di Trinacria sotto la corona aragonese, separandolo dal Regno di Napoli, rimasto angioino.


Miti risorgimentali e manipolazioni storiografiche

Nel XIX secolo, il Risorgimento reinterpretò i Vespri come prototipo di guerra di liberazione nazionale contro lo straniero. Tuttavia, questa lettura patriottica fu a lungo contestata dalla storiografia critica, che ne evidenzia la strumentalizzazione ideologica.

Secondo Cardini, l’insurrezione fu in realtà una forma di reazione interclassista, dove convergevano le frustrazioni del popolo, le ambizioni della borghesia mercantile e gli interessi delle élite aristocratiche locali.


Giudizi e pregiudizi: Benedetto Croce e la questione dell’identità siciliana

Nel XX secolo, il filosofo Benedetto Croce emise un giudizio drastico sui Vespri, accusando i siciliani di non aver saputo costruire un’identità nazionale e di essere rimasti impantanati in una «vita provinciale e provincialesca». Cardini contesta tale visione, ricordando che l’ingresso della Sicilia nella monarchia aragonese aprì l’isola ai traffici mercantili e la collocò al centro del Mediterraneo moderno, in una dinamica che nulla ha di provinciale ma che anzi la proietta come attore geopolitico.


Oltre la leggenda

I Vespri Siciliani si rivelano, a un'analisi attenta, ben più che un’esplosione di furore popolare: sono il crocevia di poteri, identità e narrazioni. Smontarne il mito significa ridare voce alla complessità del reale e, come afferma Cardini, restituire dignità storica a un popolo e a una terra troppo spesso usati come strumenti di propaganda o simboli di marginalità.


In sintesi, la Sicilia dei Vespri non fu una periferia ribelle, ma un nodo centrale nella trama politica ed economica del Mediterraneo tardo-medievale.


  • L'articolo è a cura della redazione di TACUS Arte Integrazione Cultura.

  • Le immagini dei collage sono state generate mediante un programma di AI

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