Vittorio De Seta: il poeta del reale tra Palermo e le campagne di Sicilia
- Tacus Associazione
- 13 ott 2024
- Tempo di lettura: 4 min
Vittorio De Seta, nato a Palermo il 15 ottobre 1923 da una famiglia aristocratica di origine calabrese, era figlio del marchese Giuseppe De Seta. Tra gli autori che hanno riformulato in Italia il rapporto fra rappresentazione e realtà, De Seta fece del documentario un luogo di alta composizione formale e di ascolto etnografico. La sua poetica si condensa in un programma tanto semplice quanto radicale: «Bisogna raccontare storie semplici e fare un film povero, con gente presa dalla vita», principio che informa l’intero arco della sua produzione e ne chiarisce l’etica dello sguardo.
I cortometraggi
Tra il 1954 e il 1959 realizza, spesso autofinanziandosi, dieci cortometraggi divenuti canonici: Pasqua in Sicilia, Lu tempu di li pisci spata, Isole di fuoco, Surfarara, Contadini del mare, Parabola d’oro, Pescherecci, Pastori di Orgosolo, Un giorno in Barbagia, I dimenticati.
In essi abolisce la voce narrante, affida la struttura al montaggio sonoro, registra voci, canti e rumori “sul posto” e adotta il colore (Ferraniacolor) e formati panoramici, sottraendo il documentario al didascalismo e restituendolo alla forza primaria delle immagini e dei suoni. La critica ha letto questa scelta come approdo a una «Grande Forma» del documentario, capace di elevare il lavoro e la terra a materia epica senza tradirne la verità materiale.
La forma e il suono
La cifra stilistica di questi film è insieme rigorosa e spettacolare. L’assenza di commento e la centralità del paesaggio sonoro — «interamente sul luogo e dal vero» — costruiscono un’immersione che non illustra, ma fa esperienza; la scelta del colore e del formato panoramico inscrive la vita quotidiana in una dimensione di meraviglia non edulcorata.
De Seta stesso rivendicherà l’importanza del suono come ossatura drammaturgica: abolito lo speaker, «il film si deve reggere sulle proprie forze» e, «sulla base del sonoro, […] mi componevo in testa la struttura del documentario». Così il realismo si fa forma e la forma, lungi dall’ornare, rende intelligibile il reale.
Il passaggio al lungometraggio
Il passaggio al lungometraggio con Banditi a Orgosolo (1961) porta a compimento la lezione dei corti: attori non professionisti, paesaggio come agente drammatico, radicamento d’inchiesta. Il film, premiato alla Mostra di Venezia come Opera Prima, fonde l’eredità neorealista con una scrittura visiva che dialoga con la grande tradizione del paesaggio cinematografico, dal Ford “pastorale” alla linea sovietica di Dovženko.
Seguono Un uomo a metà (1966), che introduce nel cinema italiano un lavoro esplicito sulla dimensione psichica (riferimenti junghiani, fratture narrative, simbolizzazione dell’esperienza), e L’invitata/L’invitée (1969), in cui l’indagine sentimentale trova una misura più compiuta.
La stagione televisiva
Gli anni Settanta segnano l’incontro di De Seta con la televisione pubblica e un ripensamento politico della forma. Diario di un maestro (1973), tratto da Un anno a Pietralata di Albino Bernardini, è girato con cinepresa leggera a spalla (Éclair 16mm sincronizzata con Nagra IV) in presa diretta, riducendo al minimo la mediazione della messa in scena e trasformando la classe in un laboratorio reale: «non abbiamo fatto un film; in realtà abbiamo fatto una scuola e l’abbiamo filmata».
Andato in onda in quattro puntate, seguito da oltre quindici milioni di spettatori, il progetto realizza un raro equilibrio tra intervento pedagogico e racconto televisivo, mostrando come una “altra televisione” fosse possibile.
L’inchiesta educativa
Con Quando la scuola cambia (1978) De Seta estende lo sguardo a esperienze educative d’avanguardia, dal Nord al Sud, fino all’inclusione dei bambini con disabilità.
La tecnica resta agile e immersiva; l’intento è dichiaratamente civico: un’inchiesta “utile” che metta a disposizione di famiglie e docenti pratiche e metodi, ribadendo la funzione pubblica del medium. In questa stagione televisiva, De Seta conferma come lo stile — l’uso del 16mm, la presa diretta, il rifiuto del commento ideologico — sia inseparabile da un’etica dell’ascolto e della responsabilità sociale.
Ritorno in Sicilia e riflessione mediale
Il ritorno in Sicilia con La Sicilia rivisitata (1980) mette in scena, anche formalmente, la distanza fra l’isola arcaica dei corti degli anni Cinquanta e la modernizzazione turistica degli anni del boom. Il confronto produce un discorso duplice: antropologico e, insieme, mediale. Al meraviglioso 35mm panoramico della prima stagione subentra il colore dimesso del 16mm televisivo; alla coralità anonima del popolo subentra il reportage fatto di interviste e voice-over. È una diagnosi del passaggio dal cinema alla televisione e, più in generale, dell’avvento di una società dello spettacolo che Pasolini definì «sviluppo senza progresso».
Opere mature e ricezione
Dopo le inchieste Hong Kong, città di profughi (1980) e Un carnevale per Venezia (1983), De Seta torna al documentario con In Calabria (1993), quindi firma Dedicato ad Antonino Uccello (2003) e Lettere dal Sahara (2006), che sposta l’attenzione sull’esperienza migrante fra Africa e Italia. Nel frattempo l’opera viene restaurata e riproposta: i dieci documentari degli anni Cinquanta confluiscono nel cofanetto Il mondo perduto (Feltrinelli), mentre omaggi internazionali — fra cui il MoMA di New York — ne consacrano la centralità nel canone italiano. De Seta muore a Sellia Marina (Catanzaro) il 28 novembre 2011.
Eredità estetica
Sul piano estetico e storico De Seta è stato definito un «film-maker totale» per il controllo di fotografia, montaggio e suono, e per la capacità di fondere antropologia visiva e alta composizione. La sua novità non consiste nel “pittoresco” del mondo popolare, ma nel rigore con cui trasforma i gesti del lavoro in figura, lasciando che siano i corpi, i rumori e i canti a parlare. Dal mare dello Stretto alla terra di Barbagia, dal laboratorio scolastico romano al Mediterraneo migrante, la sua opera dimostra che il vero del cinema non nasce da una sovrapposizione di spiegazioni, ma dall’esattezza di uno sguardo che sa, letteralmente, mettersi in ascolto.
Nota biografica e filmografia essenziale
De Seta nasce a Palermo il 15 ottobre 1923; dopo la prigionia (1943-45) abbandona architettura a Roma per il cinema. Tra il 1954 e il 1959 realizza dieci documentari brevi; passa al lungo con Banditi a Orgosolo (1961), quindi Un uomo a metà (1966) e L’invitata/L’invitée (1969). Per la RAI firma Diario di un maestro (1973) e Quando la scuola cambia (1978), oltre a La Sicilia rivisitata e Hong Kong, città di profughi (1980). Seguono In Calabria (1993), Dedicato ad Antonino Uccello (2003), Lettere dal Sahara (2006) e il corto Articolo 23 (2008). Muore il 28 novembre 2011.
Crediti
Testo: TACUS Arte Integrazione Cultura - Associazione di promozione sociale
Immagini: elaborate con intelligenza artificiale OpenAI



Commenti