Nella Sicilia aristocratica, il monsù regnava come despota delle cucine: metà cuoco, metà alchimista, maestro di sapori e intrighi. Tra piatti monumentali, un lessico commestibile e capricci da sovrano, ha scritto una pagina di storia gastronomica e sociale, passando dalle tavole nobiliari alle ricette di famiglia, fino a diventare oggi un fantasma impomatato evocato tra nostalgia e ironia.